Che fine fanno i nostri Curriculum Vitae?

 

Perché è inutile in Italia mandare Curriculum alle imprese? Una indagine americana spiega come si trova lavoro nel nostro paese.

 

Ve lo ricordate il caro e vecchio curriculum? E quelle frasi della mamma “ma lo hai preparato il curriculum?” o quelle di amici e vicini “… fammi avere un curriculum mi raccomando!”, ebbene,  è venuto il momento di mandarlo definitivamente in soffitta, secondo una indagine della Fifth False Survey Italia (filiale della nota società americana che da più di mezzo secolo si occupa di sondaggi a contenuto socio-politico), quasi il 99,75% dei curriculum inviati dai giovani ( e meno giovani) italiani alle imprese è destinato al cestino della spazzatura o a quello sul desktop del responsabile risorse umane! Ecco in anteprima gli anomali risultati dell’indagine a cui hanno risposto (in forma anonima) circa 300 responsabili risorse umane di PMI e oltre 1000 candidati in cerca di occupazione tra i 18 e i 54 anni.

 

Che fine fanno i Curriculum che arrivano alle vostre imprese?

Il 90% degli intervistati ha risposto di cestinare, cancellare e neppure aprire i Curriculum cartacei o elettronici indirizzati alla direzione risorse umane dell’impresa! Ma ancora più straordinaria (e quanto mai razionale e contingente) appare la motivazione di un comportamento solo all’apparenza contraddittorio: i CV che arrivano sul tavolo del selezionatore per le vie tradizionali (mail o posta ordinaria) appartengono nella quasi totalità a persone che 1) non conoscono nessuno nell’impresa e di conseguenza non conoscono l’impresa, il suo business, la mentalità interna, le gerarchie e appunto le persone che ci lavorano: quindi sono candidati “difficili” da avviare e rendere immediatamente operativi con relativo dispendio di tempo e denaro; 2) i CV appartengono a candidati che utilizzando i canali tradizionali (mail o posta) per contattare l’impresa dimostrano in anticipo di non essere in grado di costruire una “rete di relazioni” o di “possederne una già in essere”, caratteristiche  che fanno di loro dei candidati da scartare poiché la sopravvivenza di una impresa in Italia dipende dalle relazioni e non dalla capacità di stare sul mercato.

 

Ma allora perché continuiamo a trovare tanti annunci di lavoro con invito a inviare il CV?

L’annuncio, secondo il 78,23% degli intervistati serve solo a rendere di dominio pubblico il fatto che quell’impresa sta cercando personale e quindi non è un’impresa in crisi; insomma una specie di pubblicità perversa. Per i restanti si tratta invece di veri annunci per effettive carenze di personale ma che non sono destinati ai singoli candidati ma ai referenti politici delle imprese per avvisarli che le stesse sono “pronte allo scambio”.

 

Perché allora i candidati si ostinano a spedire CV attraverso i canali tradizionali?

Quest’ultima affermazione basterebbe a far chiarezza su tutto l’argomento e non possiamo far finta di non saperlo. Il libero mercato in Italia non esiste. La concorrenza è sleale. Le carte sono truccate. Le imprese vivono di lottizzazioni, appannaggi, nomine, relazioni politico istituzionali taroccate, entrature, raccomandazioni, bustarelle. Anche la selezione della forza lavoro risponde a queste regole. Certo i 1000 “auto-candidati a un posto di lavoro” intervistati dalla Fifth False Survey Italia hanno risposto alla quasi unanimità di credere che il merito debba essere preso in considerazione, altrimenti i costi imprenditoriali schizzerebbero in alto in funzione di una scarsa capacità manageriale di dirigenti nonché operativa di impiegati e operai. Questo è vero solo in teroria, vediamo perché.  Domandiamoci per prima cosa:  cosa si intende per “merito”? Perché è proprio lì che si cela l’equivoco! Per i “selezionatori” il merito è proporzionale alla propria “capacità di scambio”, cioè cosa si apporta all’impresa in termini di relazioni (per lo più politiche) e quindi in termini di mercato. Che poi produrre la merce costi di più perché abbiamo dei manager o degli operai inetti, poco importa, quando questo costo è abbondantemente ripagato dalla conquista di una quota di mercato certa dovuta ad una entratura politica o come si dice in questi giorni una "addentellatura" facendo riferimento proprio alle ruote del reciproco vantaggio, che si intersecano in un amorale quanto perfetto ingranaggio meccanico.

I candidati invece si illudono che il “merito” sia il merito curriculare, quello dei propri studi, delle pregresse esperienze in Italia e all’estero, dei master, dei corsi, delle specializzazioni, della cultura personale, della profondità del proprio animo, della propria saggezza, del proprio valore e rigore morale. Cose inutili per questo “sistema Italia” che si basa sulle “convenienze” e sullo scambio e con il valore individuale ci si pulisce le scarpe (per non dire qualcos’altro).

Allora cerchiamo di capire come si manifesta “lo scambio” sul tavolo dei selezionatori, magari tra i tanti lettori di questo articolo ci sono “candidati” disposti a cambiare il loro approccio in nome di un lavoro a qualsiasi costo.

 

Con quale criterio pratico allora i selezionatori scelgono i loro candidati? Ecco una classifica dei criteri più importanti stilata dagli stessi selezionatori.

1)      CV di candidati segnalati direttamente da referenti politici con preferenza a quelli segnalati da Ministeri ai quali poter vendere o ai quali già si vendono prodotti dell’impresa (ad esempio il responsabile risorse umane di una impresa di  componenti per comunicazioni aeree, sarà ben felice di selezionare un candidato segnalato da un ministero che si occupa della difesa del paese).

2)      CV di candidati che abbiano amici o parenti tra coloro che fanno parte di commissioni che si occupano della aggiudicazione di gare pubbliche di interesse per l’impresa.

3)      CV di candidati raccomandati da referenti politici in ascesa (tenendo conto che esiste una gerarchia di potere ben precisa per la quale ad esempio il sindaco di una grande città vale molto di più di un senatore che non se lo caga nessuno) senza fare differenza tra governo e opposizione.

4)      CV di candidati segnalati da personale o manager interni all’azienda in base ai rapporti di potere interno non meritocratico nel senso tradizionale del termine, e a come questo potere si connetta con l’esterno dell’impresa e quindi col sistema politico rappresentativo.

5)      CV di persone disposte a prostituirsi. Inutile negarlo, il sesso per chi lo esercita e per chi lo compra è un’ottima merce di scambio. Le dirigenze delle imprese italiane, specie quelle a partecipazione pubblica, pullulano di mignotte, ruffiani, baciapile, prostitute e mediocri. È un dato di fatto innegabile.

6)      CV di persone iperqualificate. Ebbene si, può succedere che una persona altamente qualificata sia assunta, ma ad alcune condizioni: che si faccia i cazzi suoi e non se ne venga con menate morali (tipo, non si ruba, non si fregano i clienti, si fanno prodotti di qualità, si rispettano i lavoratori, ecc.); che si faccia pagare molto meno di un suo collega svedese, francese o tedesco a parità di qualifica, competenza e monte ore lavoro; e infine, che non abbia aspirazioni di carriera perché la carriera è comunque appannaggio dei colleghi, magari mediocri, ma dotati di un sistema di relazioni politiche opportune.

 

Cosa consigliano di fare gli esperti della Fifth False Survey Italia alle tante persone che non possono contare su una raccomandazione o a qualcosa da scambiare per avere un posto di lavoro?

 

Poco. Il paese è al tracollo morale prima che economico. Le persone hanno spostato e di molto i loro valori. La prima soluzione è “createvi una rete di relazioni politiche”, su come fare ne parleremo prossimamente (quando avremo scoperto come fare, partendo da una famiglia di origine onesta). La seconda è non inviare CV a imprese italiane, quindi:

1)      allontanarsi dall’Italia e andare a cercare lavoro all’estero. Ovunque.

2)      Provare a inviare CV solo a imprese non italiane specie se non sono ancora radicate profondamente in Italia.

 

In bocca al lupo!

 

Se volete verificare se Fifth False Survey Italia esiste, visitate il dominio in vendita http://www.5th.it

 

La Fifth False Survey è ovviamente un nome frutto della fantasia dell'autore come tutti i dati contenuti in quest'articolo.

Ma a volte, si sà, la fantasia, supera la realtà.

 

Meno fantasiosa è la ricostruzione di una realtà, quella Italiana sempre più vittima di un sistema di relazioni e potere corrotto. Benvenuti i vostri commenti e le vostre esperienze.

 

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Comunque questo articolo scritto qualche tempo per scherzo è stato nella realtà confermato da un ricerca!!!!

Ecco l'autorevole link cliccate qui e leggete l'articolo del "Corriere".

 

E qui c'è un altro interessante articolo di "Repubblica" sulle raccomandazioni e su un libro che ce le racconta.

 

 

 

 

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